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Gran Turismo 4, - Recensione -

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~Shazel
view post Posted on 25/5/2008, 10:15




~Gran Turismo 4
Piattaforma: PS2
Genere: Racing Game
Software house: Sony
Sviluppatore: Polyphony Digital
Distributore: Sony


Per tanto tempo ci ha fatto tribolare? Per tanto tempo ci ha trattenuti tra le viscide spire della soffocante attesa?
A volte ci ha ingannato, a volte ha giocato con i nostri sentimenti. Ci ha anche illuso, facendo vane promesse e mettendo in giro ambigui pettegolezzi. Ci ha persino sbeffeggiato con un prelibato assaggio, per poi toglierci la soave linfa dalle mani. Ora però è tornato. Non ci sono più inganni, nessun velo a nascondere le curve, nessuna barriera a tamponarne il suono, nessun recinto a contenerne i cavalli. Ecco a voi il Signore degli asfalti.
Abbiamo un nuovo motore fisico. Quanto è cambiato rispetto ai precedenti capitoli? Dipende da cosa utilizziamo come pietra di paragone: se prendiamo un severo simulatore per PC, non molto. Le fondamenta sono ancora quelle. Se invece diamo un'occhiata dentro ai confini Polyphony, notiamo che le cose sono alquanto cambiate, non solo rispetto a GT3, ma anche rispetto al prologo che ci è stato presentato qualche tempo fa. Le dinamiche comportamentali dell'auto sono più raffinate, più credibili, più sensibili.
E' proprio il caso di dirlo: in questo GT4 bisogna saper guidare con i "peli del posteriore" (dotta citazione di un asso del volante) meglio, visto il contesto, dei polpastrelli. Ogni microscopica variazione nella gestione delle levette analogiche viene trasposta su schermo con una precisione ed una corrispondenza indiscutibili. E' un parametro che indubbiamente fa selezione: chi vive a pane ed arcade può non cogliere questi particolari, così sottili quanto può esserlo l'impalpabile linea di pochi millesimi che separa la vostra prestazione da una qualsiasi patente color oro.
Non a caso abbiamo citato le patenti: il momento cruciale in cui si può cogliere la vera essenza di Gran Turismo non può essere che questo. Imparando a smussare i propri errori, millimetro per millimetro, si impara a coniugare il verbo guidare. Perché ora come non mai è chiaro che non è solo questione di scia, sportellate e cordoli presi alla quattro salti in padella, al contrario qui si mettono i puntini sul significato di sovrasterzo, sottosterzo, traiettorie, accenni di sbandata controllata, richiamare il posteriore, limiti di aderenza, spostamenti di peso e così via.
Cercare di fare un tempo “da oro” perfezionando un'intera pista, curva per curva, è un'opera che può portare ad una pesante frustrazione, ma anche ad un'immensa soddisfazione, una volta che si riesce a raggiungere l'obiettivo, dopo aver sudato le proverbiali sette camice.
I limiti di questo idillio si presentano una volta che si pronuncia la parola “gara”. Questo perché quando si gareggia contro avversari fisici e non contro il tempo, saltano all'occhio i difetti evidenti che questa serie si trascina appresso dagli albori della sua storia: primo la mancanza di danni all'auto e secondo una IA ottusa ed indisponente. Sul primo punto eravamo forse un po' più ferrati, pronti ad attutire la delusione. Sony ha chiarito subito che per l'ennesima volta i danni non ci sarebbero stati. Per quanto riguarda invece l' IA, grosse aspettative incombevano su questo titolo e più il tempo passava, più veniva alimentato il fuoco dell'ottimismo, sul quale una consistente quantità di combustibile era stata gettata attraverso il lancio del Prologue.
Purtroppo su questo fronte Polyphony non solo non ha fatto consistenti passi in avanti, ma non ha nemmeno mantenuto le promesse suggerite nell'anticipazione dell'anno scorso.
Gli avversari virtuali si comportano in maniera totalmente ebete, automatizzata, impersonale, binaria. Un treno di auto che commette errori con una rarità diamantina e che, ancor peggio, non tiene in minima considerazione la nostra presenza (quella degli avversari virtuali invece sì). Al di fuori forse dei rettilinei, per “loro” noi non esistiamo e quando ci inseriamo nella traiettoria che il treno ha stabilito, ostacolandoli, non fanno altro che spingerci come fossimo intrusi.



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